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Mag 22

Morchelle, primizie di stagione

Esemplare di grossa taglia di Morchella esculenta, dal peso di circa 120 grammi, veramente notevole se si considera che il carpoforo è completamente cavo. Foto: R. Paniz

La comparsa primaverile delle morchelle risveglia l’interesse dei micofili dopo il periodo invernale, solitamente povero di fruttificazioni fungine. Il genere Morchella Dill. ex Pers. conta circa una settantina di specie in tutto il mondo, di cui alcune decine presenti in Europa ed Italia. La maggior parte dei ritrovamenti sono riconducibili alle principali tre specie, distinte per le caratteristiche morfologiche ed ecologiche.

Tre tipici esemplari di Morchella esculenta con la mitra divisa nei caratteristici alveoli. Foto: R. Paniz

Morchella esculenta (L.) Pers. è reperibile ad altitudini comprese tra il livello del mare e la media montagna; si tratta di una specie micorrizica con preferenza per le latifoglie, in particolare Fraxinus spp. ma anche Ulmus, Quercus, Corylus e altri generi tra cui piante da frutto. Martin Snabl e Urbano Guidori, in un articolo pubblicato nel 2015 sulla Rivista di Micologia dell’A.M.B., in base ad esperienze dirette citano come partner micorrizici di M. esculenta circa 20 specie arboree, tra cui due conifere, oltre ad altre 13 specie tra arbustive ed erbacee. I carpofori presentano una mitra di forma da vagamente sferoidale ad allungata, anche irregolare, con profondi alveoli disposti casualmente senza distinzione tra costolature principali e secondarie. La parte inferiore della mitra si unisce direttamente al gambo; per questa caratteristica, la sezione a cui appartengono M. esculenta e le specie simili è stata definita Adnatae Boud. (= sect. Morchella Dill. ex Pers.).

Esemplare giovane di Morchella elata. Si notino le costolature principali rettilinee. Foto: R. Paniz

Morchella elata Fr. fruttifica invece in ambienti montani con presenza di conifere, instaurando legami micorrizici soprattutto con specie di Pinus; sembra tuttavia in grado di nutrirsi anche in maniera saprotrofa sfruttando resti vegetali. Il suo aspetto differisce dalla specie citata in precedenza per la forma della mitra, in genere allungata e più o meno appuntita, con costolature principali ad andamento verticale ben distinte dalle secondarie che formano gli alveoli. Il contatto tra mitra e gambo inoltre è contraddistinto da una zona di separazione più o meno pronunciata definita vallecola, maggiormente evidente in esemplari maturi, che ha ispirato il nome della sezione di appartenenza di questa ed altre specie: sect. Distantes Boud.

Morchella hortensis Boud. è una specie esclusivamente saprotrofa, in grado di fruttificare anche in luoghi privi di vegetazione; il suo habitat comprende terreni coltivati e aree detritiche, purché ricche di materiale organico come pacciamature o residui vegetali vari. La fruttificazione è effimera e riguarda una sola stagione; per contro i carpofori possono avere grandi dimensioni e non è infrequente la crescita cespitosa in gruppi numerosi. Non sono rari i casi di fruttificazioni abbondanti sui terreni interessati da incendi boschivi; si tratta quasi sempre di questa specie, in grado di colonizzare questi ambienti ma solamente per la primavera successiva all’evento (Utile ricordare come i regolamenti vietino la raccolta dei funghi nelle aree colpite da incendi, per un tempo solitamente lungo, necessario alla natura per ripristinare gli equilibri compromessi dal fuoco). L’aspetto, dimensioni e crescita cespitosa a parte, ricorda quello di M. elata con cui condivide anche la sezione di appartenenza.

Sull’ecologia delle varie specie di Morchella come del resto sulla complessa sistematica relativa al genere, c’è ancora molto da studiare: i due autori Snabl e Guidori nel loro articolo descrivono la presenza di vistose strutture rizomorfe temporanee (denominate cordoni nutritizi), osservate in concomitanza con la fruttificazione delle specie micorriziche, che collegano i carpofori con le radici delle piante ospiti. Interessante, inoltre, la capacità delle specie notoriamente micorriziche di fruttificare per una sola primavera anche in condizioni saprotrofiche, in seguito ad alterazioni dell’ambiente che interrompono i legami micorrizzici.

Le Morchelle sono ottime commestibili ma per la presenza di tossine termolabili richiedono tassativamente una lunga cottura, preceduta da adeguata prebollitura. Sebbene si tenda a sopravvalutare le qualità organolettiche dei funghi primaverili, probabilmente in base alla scarsa disponibilità di specie commestibili tipica del periodo, è opinione comune che le morchelle in genere (con qualche distinguo tra specie e specie) siano da considerare tra i più pregiati funghi commestibili, da qualcuno addirittura paragonate ai tartufi. Ricercatissime anche per la gastronomia di alto livello, anche e soprattutto fuori dai confini nazionali (Francia, Germania e Svizzera) sono oggetto di un commercio notevole con importazioni anche da paesi extraeuropei. Vale quindi la pena ricordare quali sono i principali generi il cui aspetto può essere confondibile. La principale caratteristica morfologica di cui tenere conto è la mitra, la parte fertile solitamente distinta anche cromaticamente dal gambo. Nelle Morchella la mitra è adiacente al gambo (sect. Adnatae) o separata dalla cosiddetta vallecola (sect. Distantes), e mostra sempre una superficie suddivisa in alveoli e costolature ben evidenti. Nel genere Mitrophora Lév. la mitra è molto simile a quella delle Morchella, con costolature ed alveoli; la vallecola che la separa dal gambo è molto più estesa e raggiunge circa la metà della lunghezza della mitra. Attualmente il genere non viene più considerato valido e le specie che ne facevano parte confluiscono nelle Morchella.

Nel genere Verpa Sw. la mitra è collegata al gambo soltanto all’apice dello stesso, rimanendo libera per tutta la restante lunghezza. Anche la superficie della mitra è diversa: in alcune specie (Verpa digitaliformis Pers.) è liscia; in altre presenta una profonda trama di rughe che ricordano le costolature delle Morchelle, senza però i setti che formano gli alveoli.

Due esemplari di Gyromitra esculenta con la mitra priva di costolature e alveoli. Foto: R. Paniz

Decisamente pericolosa può risultare la confusione tra esemplari di Morchella sp. e specie primaverili del genere Gyromitra Fr., soprattutto Gyromitra esculenta Pers. ex Fr., specie notoriamente tossica, non solo allo stato crudo (condizione comune anche agli altri generi trattati in questa sede) ma anche dopo cottura o dopo l’essiccamento che secondo alcuni renderebbe innocui i carpofori. La sindrome Gyromitrica è una forma di intossicazione molto grave che può condurre anche ad esito mortale; molto variabile secondo le modalità con cui avviene il consumo e le caratteristiche del commensale, si dimostra particolarmente pericolosa in caso di pasti ripetuti o quantità ingenti. Le Gyromitra si distinguono dalle Morchella per la mitra costituita da una superficie continua, per quanto lobata e irregolare, senza nessun accenno a costolature e alveoli. L’habitat di G. esculenta è tipicamente montano, legato a conifere dei generi Pinus e Abies.

Tutte le specie qui citate sono accomunate dalla caratteristica di avere il carpoforo completamente cavo; sia la mitra sia il gambo, che in questo ambito sarebbe più corretto definire stipite, mostrano alla sezione uno spessore che può variare tra 1 e 3 millimetri, o poco più nel caso di esemplari di notevoli dimensioni. Altra caratteristica comune è l’appartenenza agli Ascomiceti. Come spesso possiamo notare in questa grande suddivisione del Regno dei Funghi, le caratteristiche microscopiche sono molto interessanti e relativamente facili da osservare. Nel caso di M. esculenta, un minuscolo frammento di imenoforo di un esemplare maturo mostra le tipiche strutture fertili degli ascomiceti: gli aschi appunto, dalla forma allungata, che contengono le spore solitamente nel numero di otto per asco. La forma delle spore è ellissoidale; la lunghezza media è intorno ai 20 µm.

Aschi e spore di Morchella esculenta. Obiettivo Leitz NPL Fluotar 40/0.70. Il fotogramma misura circa 390 x 260 µm. Focus stacking di 14 scatti. Foto: R. Paniz

Antares Legnano APS – Sezione Micologia