Alle 7:47 del 16 novembre, dopo mesi di rinvii, è partita la missione Artemis I con destinazione Luna. Il lancio è avvenuto dalla storica rampa 39B di Cape Canaveral, Florida, con soli 40 minuti di ritardo sull’orario previsto e lo Space Launch System (SLS), il più potente razzo finora costruito, si è rapidamente sollevato spinto dai potenti booster e dai quattro motori dello stadio principale.
Ora la capsula Orion è in viaggio verso la Luna dove arriverà il 21 novembre per effettuare un fly-by a soli 100 km dalla superficie, prima di iniziare l’orbita retrograda che la porterà fino a 70.000 km oltre la luna stessa, là dove non siamo mai stati prima. E nel frattempo ci ha inviato questa prima immagine del nostro pianeta dal suo privilegiato punto di vista.
Artemis I è una missione di collaudo dei sistemi di lancio, navigazione, permanenza nello spazio e rientro a terra, tutti cruciali per la sopravvivenza dell’equipaggio che dovrà scendere sulla superficie lunare nei prossimi anni. Anche se questa volta non ci sono persone reali a bordo, sulla capsula Orion ci sono dei “passeggeri” speciali: tre manichini che simulano la presenza di veri astronauti.
Però definirli manichini è molto riduttivo: si tratta in realtà di veri e propri strumenti scientifici, imbottiti di sensori per la registrazione di tutto ciò che può accadere durante il volo. Le informazioni che verranno raccolte serviranno per definire meglio i rischi che correranno gli astronauti e preparare le necessarie protezioni. E i manichini, anzi “Moonikin” come li hanno definiti, hanno anche un nome: il primo, un manichino a grandezza naturale, è il Comandante Moonikin Campos: indossa la tuta spaziale che verrà utilizzata ed occupa il sedile del comandante di missione. I sensori al suo interno registreranno le accelerazioni e le vibrazioni che gli astronauti subiranno durante tutto il volo.
Gli altri due, invece, sono solo dei torsi privi di arti e sono costruiti con materiale che simulano le ossa, i muscoli e gli organi interni di due donne adulte: si chiamano Helga e Zohar e portano al loro interno oltre 5600 sensori e ben 34 misuratori di radiazioni, che rappresentano il rischio maggiore a cui gli astronauti saranno sottoposti. Zohar indosserà AstroRad, una tuta anti-radiazioni, mentre Helga no allo scopo di raccogliere dati sui livelli di radiazione che si incontreranno durante la missione lunare e verificare l’efficacia dei sistemi di protezione.