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Set 30

Lysurus cruciatus (Lepr. & Mont.) Henn. Una specie alloctona molto rara

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Lysurus cruciatus – giovane carpoforo accanto ad un esemplare adulto. Foto: R. Paniz

La famiglia Phallaceae comprende circa una ventina di generi e molteplici specie, accomunate dalla peculiare strategia riproduttiva e spesso dotate di carpofori dalle caratteristiche singolari. Nel nostro territorio sono presenti alcune specie relativamente diffuse, la più comune delle quali è senz’altro Phallus impudicus L.; altre specie sono decisamente più rare, come nel caso di Clathrus ruber P. Micheli ex Pers. mentre in poche occasioni sono state reperite specie rarissime come quella oggetto di questo articolo. La nostra esperienza risale all’autunno del 2012, quando presso la mostra micologica dell’AMB di Villa Cortese ci venne presentato un esemplare da un appassionato cercatore iscritto al Gruppo Micologico di Cuggiono, che in seguito ci accompagnò sul luogo del ritrovamento dove osservammo ulteriori fruttificazioni, che continuarono fino ai primi di dicembre. La stazione di crescita consisteva in un terreno di circa mezzo ettaro, adibito a verde pubblico, dove nella primavera precedente fu necessario abbattere alcuni alberi (con ogni probabilità Acer saccharinum L.); i residui dell’apparato radicale ridotto in scaglie delle piante rimosse hanno fornito quindi il substrato ideale per la crescita di funghi saprotrofi come la nostra specie, di cui abbiamo avuto modo di osservare esemplari in diversi stadi di crescita, seguire l’evoluzione della crescita stessa e confrontare le diverse modalità di fruttificazione riscontrabili.

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Lysurus cruciatus – giovane carpoforo sezionato accanto ad un esemplare adulto. Foto: R. Paniz

Sulla base della letteratura consultata e dell’esperienza diretta, Lysurus cruciatus (Lepr. & Mont.) Henn. si può descrivere in questi termini: primordi racchiusi in un peridio di forma vagamente sferica e colore biancastro, collegato al substrato di crescita da un fitto intreccio di ife miceliari. Peridio costituito da un sottile strato esterno e un più spesso strato gelatinoso recante all’interno il ricettacolo. Lo strato gelatinoso è suddiviso in setti da membrane dette suture peridiali che collegano il peridio al ricettacolo; le suture peridiali ricalcano per numero e posizione la struttura che l’apice del ricettacolo assumerà nella fase adulta. Successivamente alla deiscenza il peridio assume l’aspetto di una volva aperta, dal diametro compreso tra 20 e 40 mm. Ricettacolo costituito da due parti: uno pseudogambo e una zona apicale ospitante la gleba. Lo pseudogambo, obconico-subcilindrico, con un diametro compreso tra 8 e 20 mm alla base e 12 e 25 mm presso l’apice, lungo tra 60 e 120 mm, è cavo, di colore biancastro o recante sfumature rosa-aranciate più o meno estese ed evidenti, risultato probabilmente della diffusione dei pigmenti della zona apicale. Lo spessore della struttura dello pseudogambo varia tra 1 e 3 mm a seconda della taglia del carpoforo; la superficie presenta numerose cellette ben visibili a occhio nudo, disposte grossolanamente secondo linee verticali e spesso di forma allungata dovuta al rapido accrescimento del ricettacolo. La zona apicale è nettamente distinta dallo pseudogambo e si presenta suddivisa in 5-8 bracci, anch’essi cavi, lunghi tra 15 e 30 mm, fusi tra loro alla base, inizialmente uniti anche all’apice poi più o meno divergenti. La superficie dei bracci si presenta vistosamente corrugata e di colore arancio vivo, tranne che per una scanalatura concolore allo pseudogambo che ne percorre tutta la lunghezza nella parte esterna, quasi a rappresentare una continuazione della struttura dello pseudogambo stesso. La gleba ha, nel primordio sezionato, l’aspetto di una massa piuttosto compatta, vagamente cerebriforme, di colore rosato-violetto. Ben presto si trasforma in una massa semiliquida nerastra dal tipico odore di escrementi, distribuita più o meno uniformemente sulla superficie dei bracci, tranne che nella parte più esterna. Dopo l’accrescimento, il ricettacolo non possiede più alcun vincolo strutturale con il peridio, risultandone così facilmente separabile.

La specie mette in mostra diverse caratteristiche comuni alla famiglia di appartenenza, a cominciare dal processo di autolisi delle cellule imeniali. Mentre nei gasteromiceti come Lycoperdon e affini la gleba si riduce alla sola polvere sporale, (fatta eccezione per alcune strutture portanti come columella o capillizio), nelle Phallaceae si verifica una vera e propria deliquescenza, (paragonabile a quanto avviene nel genere Coprinus), accompagnata però dall’emissione di odori repellenti per noi ma attrattivi per gli insetti che vengono sfruttati alla stregua di pronubi nella diffusione delle spore. Per quanto si è potuto osservare, in Lysurus cruciatus questo processo è piuttosto precoce e si completa ben prima dello sviluppo verticale del ricettacolo; al momento della deiscenza del peridio non si ha già più traccia di basidi e la gleba osservata al microscopio mostra soltanto le spore sospese nella massa semiliquida. In comune con le altre specie di Phallaceae è anche il rapido sviluppo del ricettacolo che avviene in genere nel giro di alcune ore, dopo una fase di “quiescenza” del peridio che può durare anche a lungo, come in attesa delle condizioni pedoclimatiche ideali. In questa fase si accumula acqua all’interno dello strato gelatinoso tra peridio e ricettacolo. L’acqua viene quindi sfruttata per il repentino rigonfiamento delle cellule costituenti la struttura del ricettacolo stesso; lo strato gelatinoso viene quindi svuotato e all’interno del peridio è possibile osservarne lo spazio lasciato libero con la presenza delle suture peridiali. Lo sviluppo del ricettacolo si dimostra indipendente dal possibile apporto di sostanze da parte del micelio e prosegue quindi dopo l’eventuale raccolta del carpoforo, anche se questa avviene all’inizio del processo in un momento immediatamente successivo alla deiscenza. In un caso specifico abbiamo potuto notare il parziale accrescimento del ricettacolo di un esemplare già sezionato assialmente. Altro aspetto comune ai generi più diffusi della famiglia come Clathrus o Phallus è lo sviluppo contemporaneo di più primordi, anche in diversi stadi di crescita, tutti interconnessi da una fitta rete di ife miceliari, strettamente vincolata al substrato. Nella nostra fattispecie abbiamo avuto modo di osservare sia esemplari singoli, che a completo sviluppo erano in grado di raggiungere le dimensioni maggiori tra tutte le fruttificazioni prese in esame, sia esemplari gregari o agglomerati in gruppi anche numerosi saldamente uniti per il peridio. Questi carpofori concresciuti raggiungevano dimensioni mediamente inferiori per lunghezza e diametro dello pseudogambo; differenza meno significative si notavano nella lunghezza dei bracci recanti la gleba.

Lysurus cruciatus è senza dubbio da considerare una specie esotica, la cui origine è da ricercare nell’emisfero australe. La sua diffusione in Europa, per ora decisamente scarsa, è sostanzialmente dovuta ai commerci internazionali di materie prime, assieme alle quali sono giunte fino alle nostre latitudini le spore di questa e di altre specie con una storia ecologica simile (es. Clathrus archeri (Berk.) Dring.). Per la sua natura di organismo saprotrofo Lysurus cruciatus non rappresenta affatto una minaccia per l’ecosistema del nostro territorio, aggiungendosi semplicemente alla nutrita schiera di “commensali” che svolgono l’importante funzione ecologica di decomposizione del materiale vegetale giunto al termine del ciclo vitale.