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Mag 29

Fotografare i funghi in digitale

Nonostante un inverno e un inizio primavera anomali, non mancheranno le occasioni per osservare i primi funghi, che gli appassionati apprezzano particolarmente anche come soggetti fotografici.
La fotografia dei funghi nel loro ambiente potrebbe essere considerata più “facile” rispetto ad altri contesti naturalistici, in quanto i soggetti “non scappano” come gli animali selvatici e non sono mossi dal vento come i fiori d’alta montagna.

Polyporus squamosus in luce naturale: si notino le ombre solo parzialmente corrette in postproduzione. Foto: R. Paniz

Non mancano comunque problematiche tecniche specifiche che riguardano soprattutto la corretta illuminazione e la profondità di campo, termine tecnico indicante l’estensione della zona che appare correttamente a fuoco davanti e dietro al soggetto principale. Per quanto riguarda l’illuminazione, si può scegliere la luce naturale o si può optare per l’utilizzo del flash. Nel primo caso, visti i tempi d’esposizione necessariamente lunghi, risulta molto utile un supporto stabile per la fotocamera, possibilmente un treppiede che consenta una ridotta altezza da terra. In condizione di luce non eccessivamente scarsa e disponendo di una fotocamera in grado di gestire alte sensibilità ISO senza eccessivo rumore, può essere possibile lo scatto a mano libera. Il flash invece consente di riprodurre la naturale brillantezza dei colori dei variopinti carpofori fungini, ma pone in essere un ulteriore problema rappresentato dal forte contrasto tra luci ed ombre, tipicamente rappresentato dall’immancabile ombra del cappello proiettata sulla parte alta del gambo. Una possibile soluzione consiste nell’utilizzo di un flash staccato dalla fotocamera, posizionabile in modo da non creare ombre fastidiose, oppure dall’utilizzo di più unità flash sincronizzate tra loro. Utile anche dotare le unità di un diffusore in grado di rendere l’illuminazione artificiale più “morbida”.

Russula aurea fotografata con doppio flash, uno montato sulla slitta della fotocamera e uno montato al di sotto della stessa e pilotato tramite una servocellula, per evitare le ombre nella parte bassa dei carpofori. Foto: R. Paniz

Parlando invece della profondità di campo, si esula dall’ambito puramente tecnico della fotografia ed intervengono considerazioni anche di natura artistica; analogo discorso riguarda la composizione dell’inquadratura. Le scelte sulla posizione del soggetto e la sfocatura dello sfondo o, al contrario, la messa a fuoco dell’intero sfondo ottenuta chiudendo il più possibile il diaframma, dipendono dallo scopo della fotografia che può essere indirizzata ad un utilizzo prettamente didattico o avere invece dichiarate pretese artistiche. Concludiamo con un accenno all’attrezzatura: oggigiorno la maggior parte delle immagini vengono scattate con uno smartphone. I modelli più evoluti producono immagini di buona qualità, ma lasciano pochissimo spazio alla scelta dei parametri; le ottiche di ridotte dimensioni forniscono una profondità di campo molto estesa che in alcuni casi viene ridotta artificialmente da appositi algoritmi. Le fotocamere compatte “evolute”, sempre meno diffuse, consentono un maggiore controllo dei parametri di scatto ma soffrono dello stesso problema della profondità di campo, che può essere preziosa nella fotografia a scopi didattici ma risulta di difficile gestione in altri ambiti. I risultati migliori si ottengono con fotocamere ad ottiche intercambiabili, soprattutto se dotate di obiettivi macro che consentono la riproduzione dei soggetti più piccoli fino al rapporto di 1:1 (area inquadrata di dimensioni equivalenti a quelle del sensore) e sono in grado di gestire valori di diaframma molto chiusi, spesso necessari in ambito micologico, meglio delle ottiche ad uso generico. Alle tradizionali fotocamere reflex si vanno sempre più affiancando (o sostituendo) i recenti modelli privi di specchio (mirrorless).