Sebbene astronomicamente intuito sin dall’antichità, la certezza che il Sole è una stella arriva solo alla metà del XIX secolo con l’introduzione dello spettroscopio, che ne conferma la similitudine chimica. Da allora si accumulano conoscenze sui fenomeni di superficie, sia quiescenti (macchie e facole) sia impulsivi (brillamenti, protuberanze, emissioni coronali), sulla struttura e le dinamiche interne (campo magnetico, cicli di attività, eliosismologia), sulla fusione di idrogeno in elio come fonte di energia. Inoltre, da alcuni decenni diverse sonde spaziali tengono il Sole sotto costante osservazione, analizzano in situ il “vento solare” (correnti di plasma magnetizzato) e monitorano lo space weather per anticiparne gli effetti geofisici.

Tre i principali problemi aperti: l’anomalo riscaldamento della corona (probabili sequenze di nanoflare); i poco affidabili metodi di previsione dell’andamento dei cicli di attività (nonostante i molteplici approcci di tipo formale e fisico); la ricerca di precursori di eventi esplosivi, potenziali pericoli per le infrastrutture tecnologiche nello spazio e al suolo.

Interessante e di attualità è la “storia” dell’iperattivo e longevo gruppo di macchie solari AR3664, che tra l’altro ha innescato l’aurora boreale che ha insolitamente illuminato i cieli italiani nella notte dal 10 all’11 maggio scorso. C’è attesa per il raggiungimento nei prossimi mesi del picco del ciclo undecennale di attività solare (il n. 25), che potrebbe segnare la risalita del sovrapposto ciclo solare di lungo periodo (80-100 anni). Cresce l’attenzione verso i Miyake event, fenomeni esplosivi estremi rarissimi ma pericolosi, che segnano una nuova frontiera dell’astrofisica solare.

Laureato in Chimica Industriale, giornalista professionista, è stato Direttore di testate di carattere tecnico-scientifico. Appassionato di astronomia, si interessa in particolare di relazioni Sole-Terra e pluralità dei mondi. Ha una raccolta di un migliaio di volumi, quasi tutti originali, dal 1700 sul Sole.