Il 3 agosto 1596 l’astronomo olandese David Fabricius (1564 – 1617) scopriva una stellina nella costellazione della Balena (Cetus, in latino) che aumentava e diminuiva la propria luminosità ad intervalli regolari: è il primo esempio di stella variabile. Rimasto stupito da questo fenomeno, che tra l’altro confutava l’immutabilità cristallina e aristotelica della sfera delle stelle fisse, Fabricius la denominò MIra, cioè “l’ammirevole”. Mira Ceti è quindi una variabile pulsante che rappresenta il capostipite delle variabili di classe Mira.
E’ interessante notare che nel cielo si trova un’altra stella variabile visibile a occhio nudo. si tratta di Algol (beta Persei) nella costellazione di Perseo, che però è una variabile ad eclisse. Infatti Algol è una stella tripla la cui componente principale viene regolarmente eclissata dalla compagna più debole, Algol B, causando la diminuzione della luminosità da mag. 2,12 a 3,39 con un periodo di 2 giorni, 20 ore e 49 minuti.
Più recentemente, agli inizi del XX secolo, uno studio sistematico ed approfondito delle stelle variabili è stato compiuto dall’astronoma americana Henrietta Swan Leavitt (1868 – 1921), che all’epoca essendo donna non era considerata astronoma bensì una mera esecutrice di calcoli. In particolare Henrietta si concentrò sulle variabili di tipo cefeide il cui prototipo è la stella supergigante gialla delta Cephei nella costellazione di Cefeo. Questa classe di stelle variabili pulsa in modo radiale aumentando e diminuendo diametro, temperatura e luminosità con un periodo che può variare da poche ore a centinaia di giorni. Grazie a questi studi Henrietta Leavitt riuscì a dimostrare la relazione tra luminosità e periodo di variazione e correlandola poi alla distanza a cui si trova la stella rispetto al Sole. Oggi, infatti, le variabili cefeidi sono ampiamente utilizzate per calcolare la distanza di molte stelle e addirittura galassie, come nel caso della cefeide scoperta da Edwin Hubble nella vicina galassia di Andromeda che permise di stabilire una volta per sempre che appunto si trattava di una galassia e non di una nebulosa appartenente alla nostra Via Lattea.